Gli Champs-Élysèes della Zona 4 (2: corso Indipendenza)

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nello scorso articolo ci siamo occupati del primo tratto di quell'ampio viale (direi boulevard) che, congiungendo piazza Tricolore alla chiesa dei Santi Nereo ed Achilleo, segna il confine tra la nostra zona e la Zona 3. Eravamo arrivati a descrivere la statua nel centro di piazza Risorgimente e da questo punto ripartiamo.
Dando un'occhiata ai palazzi della piazza non si resta colpiti a prima vista da nulla in particolare: sulla destra si trova infatti un dignitoso edificio, ricostruito di recente identico a quello preesistente, mentre sulla sinistra si trova un palazzo moderno.
Osservando però i due palazzi all'angolo con corso Indipendenza, se quello sulla destra ci appare subito come un massiccio edificio del periodo littorio, quello a sinistra, al civico 7, rivela un certo carattere artistico che i recenti sopralzi non sono riusciti a cancellare: tra i nuovi abbaini infatti si possono ancora vedere eleganti pinnacoli sul terrazzo.
Inoltre questo signorile palazzo ha conservato un piccolo tesoro nascosto nel suo cortile (cui si accede per un elegante androne riccamente decorato): si tratta di un affresco raffigurante un palazzo immerso in un giardino, e copre la parete prospiciente l'ingresso, sì da poter essere veduto anche solo passando sul marciapiede antistante l'entrata.

Inizia a questo punto il corso Indipendenza, circondato da moderni palazzi risalenti in generale agli anni '50 del ventesimo secolo. Qui il parterre consente di camminare in zona franca e di osservare gli edifici che si affacciano sul corso.
Percorsi pochi metri, però, ci si ritrova con una serie di prefabbricati, intesi come temporanei ma ormai presenti da decenni, che ospitano varie attività ivi trasferite da piazzale Dateo. In mezzo ad essi, versante in uno stato di scarsa attenzione, si trova il monumento-fontana in bronzo dedicato a Pinocchio, opera dello scultore Attilio Fagioli, che la realizzò nel 1955, ed in occasione della cui inaugurazione Antonio Negri pubblicò in cento volumi in carta di lusso un'edizione del libro in dialetto milanese, ancora oggetto di grande attenzione alla fiera del libro di Torino del 2002.
Tornando all'osservazione dei palazzi circostanti, a parte il civico 1, con solidi mattoni a vista e graziosi balconi in ferro battuto, il lato sinistro (cioè quello nord) può tuttavia essere trascurato, come del resto buona parte del lato destro (ossia quello sud) in quanto gli edifici sembrano essere stati costruiti più per il godimento di chi ci abita che per quello di chi transitando li osserva.
Una qualche eccezione a questa asserzione la fanno il palazzo all'angolo con via Mameli, che vanta interessanti timpani e una grande balconata, in uno stile che non è più liberty ma non è ancora littorio, e quindi potremmo definire in stile Art Déco, e i civici 16, 18 e 20. Si tratta infatti di tre palazzi dotati di fregi: il primo ha alcuni capitelli e lesene posti ad ornare il frontone sotto il tetto, il secondo mostra un elegante portone, alcuni interessanti balconi ed una graziosa struttura a loggia (ottenuta circondando di fregi coppie di finestre) sull'angolo con via Fratelli Bronzetti, ed il terzo infine si distingue per una balconata ornata di fregi in cemento e alcuni balconcini di forma semi-ovale.

Al termine del corso l'ampio piazzale Dateo, da pochi anni stazione del Passante Ferroviario, ci attende con i suoi palazzi eleganti, uno per cantone: quello a nord-ovest, ben noto, avrà forse presto una sistemazione definitiva; quello a sud-ovest, di cui ho parlato in passato, ricorda un castello liberty, dotato di logge e colonnine; quello a nord-est vanta eleganti balconi ed un terrazzo ornato di enormi giare di pietra, e quello a sud-est altro non è che il Brefotrofio cui ho dedicato un articolo qualche tempo fa.
Qui voglio allora solo ricordare che l'edificio, sorto nel 1911, inizialmente era costituito da un piano terra rialzato e da un primo piano, e solo la porzione dell'ingresso era a due piani. L'edificio fu poi alzato di un piano, sempre nella zona di ingresso, tra il 1950 e il 1960, per divenire così come appare oggi ai nostri occhi, con la facciata principale (che dà sul viale Piceno) che ospita moderne bifore e trifore, e le palazzine interne, nello stesso stile, separate da ampi spazi verdi.
Merita infine una menzione il fatto che Dateo fu l'arciprete che nel 787 aprì il primo ospedale milanese che la storia ricordi, e che era appunto un brefotrofio, il che spiega l'attribuzione del toponimo. A questo punto ci fermiamo e ci inoltreremo in corso Plebisciti nel prossimo articolo.